La svendita delle aziende italiane continua a preoccupare, opa su Tim dal fondo KKR

La notizia arrivata nei giorni scorsi che il fondo americano KKR avrebbe l’intenzione di lanciare un OPA (Offerta Pubblica di Acquisto) per acquisire la società di telecomunicazioni TIM, un’offerta definita amichevole e che aspira ad ottenere il gradimento degli amministratori ed il support del management della società, ha stimolato ulteriormente nei giorni scorsi un mercato azionario in continua ascesa dall’inizio dell’anno e che prima della scoperta della variante sudafricana del covid Omicron, aveva mostrato un notevole impulso tanto da ritornare ad indici di borsa sui livelli pre-pandemia.

L’offerta al momento è di 50,5 centesimi per azione ed è stata effettuata dalla società KKR che è un fondo statunitense che si occupa di investimenti con sedi in tutto il mondo, che gestisce asset per quasi 400 miliardi di € ed ha un portafoglio di oltre 100 società che erogano centinaia di miliardi di ricavi annui.

In sostanza è una società che fa investimenti per produrre reddito col solo scopo di intercettare buoni affari e ricavarne utili. Poiché TIM all’attualità capitalizza poco in termini assoluti, meno di dieci miliardi di € ritiene, acquisendola, di fare un buon affare, risanarla, produrre utili e magari in futuro rivenderla per ricavare un buon guadagno.

Come dicevamo, l’offerta o meglio la manifestazione d’interesse, perché al momento non è stata formalizzata alcuna OPA, è di 50,5 centesimi per azione ma questa cifra non sembra soddisfare né l’azionista di maggioranza il gruppo francese Vivandì che detiene oltre il 23% delle azioni né il secondo azionista l’italianissima Cassa Depositi e Prestiti, controllata dal MEF, che ne detiene quasi il 10 %.

La contrarietà di queste due società sarebbe puramente economica dal momento che Vivandi’ ha pagato le azioni circa 1 € l’una e CDP circa 0,67 centesimi per azione e ovviamente in caso di vendita vorrebbero avere un ritorno economico.

Il problema che ha suscitato questa manifestazione d’interesse, comunque, non è una questione di prezzo dal momento che molto probabilmente il fondo KKR sarebbe anche disposto ad alzare la propria offerta, ma bensì politico.

Sono centinaia le aziende italiane che negli ultimi anni sono state acquisite da gruppi stranieri solo per citare alcune eccellenze nel campo della moda marchi come Gucci, Fendi, Loro Piana, Mila Schon, Versace o in ambito alimentare marchi come Carapelli, Bertolli, Buitoni, Galbani, Sasso, Santa Rosa o ancora in ambito industriale Zanussi, Pirelli, Marelli, Ducati e si potrebbe continuare per un’altra pagina almeno, tra l’altro cedute in buona parte alla Francia, ma si trattava pur sempre di aziende anche importanti e in molti casi storiche ma non di settori strategici.

Per la verità anche l’Italia ha acquisito nel tempo aziende straniere ma, in ogni caso in numero inferiore. Questa, in ogni caso, è la legge di mercato, la legge del capitalismo, la legge della domanda e dell’offerta.

In questo caso la situazione è diversa. Perché il Governo ha la possibilità di esercitare un veto all’acquisto attraverso il “golden power” che è la facoltà da parte dell’esecutivo di intervenire a salvaguardia dei settori della difesa e della sicurezza nazionale nonché in alcuni ambiti ritenuti di rilevanza strategica come i settori dell’energia, dei trasporti e delle comunicazioni.

Al momento il governo non si è ancora espresso nel merito della questione dal momento che ancora l’offerta non è stata formalizzata e non si conoscono i termini della questione. Diversi sono i distinguo da parte di esponenti politici e delle OO.SS. dal momento che non c’è chiarezza sul futuro occupazionale su un gruppo che è comunque il più grosso a livello di telecomunicazioni in Italia e che occupa oltre 40.000 lavoratori.

Ricordo che alcuni anni fa il governo francese aveva bloccato due operazioni industriali che riguardavano offerte italiane e che riguardavano la fusione della Renault con l’italo americana FCA che ne avrebbe avuto la governance e l’acquisizione dei cantieri Chantiers de l’Atlantique da parte di Fincantieri.

In entrambe le occasioni il governo francese si oppose alla vendita di aziende che a suo parere riteneva essere strategiche stabilendo che dovessero rimanere sotto il controllo nazionale, forse anche esagerando nella salvaguardia di interessi nazionali su aziende non propriamente strategiche come l’automotive e la cantieristica.

Tornando in casa nostra probabilmente KKR non ha intenti particolari oltre a quelli che riguardano il profitto, ma una volta acquisita la rete di comunicazione nonché i dati dei clienti nessuno può ipotizzare in futuro che uso potrebbe farne o a chi, magari per procurarsi un utile, potrebbe rivederli.

In quest’occasione, pertanto, al di là degli aspetti ancora sconosciuti dell’offerta e del prezzo sarebbe opportuno che il governo italiano valuti attentamente la questione ed eventualmente usufruendo del “golden power” mettere il veto sull’acquisizione della più grossa società di telecomunicazioni operante sul territorio italiano.

Articolo critto da Mauro Marino

esperto in economia